Il vaccino per curare il coronavirus? Forse arriverà prima del previsto. Secondo l’equipe dell’università di Pittsburgh, guidata dal ricercatore italiano Andrea Gambotto e da Louis Falo un vaccino ha superato già la fase della sperimentazione animale e i primi test nel modello murino hanno mostrato che produce anticorpi specifici in quantità ritenute sufficienti a neutralizzare il virus.
La ricerca pubblicata sulla rivista EBioMedicine è stata revisionata da parte di scienziati di altri istituti e descrive un potenziale vaccino contro il COVID-19. La capacità di sviluppare rapidamente questo vaccino è il risultato della collaborazione tra scienziati con competenze in diverse aree di ricerca che lavorano con un obiettivo comune.
La proteina spike induce l’immunità contro il virus
I ricercatori hanno potuto agire rapidamente poiché erano già state gettate le basi grazie a lavori durante le precedenti epidemie di coronavirus. I test clinici sui pazienti umani richiederanno almeno un anno, ma il risultato è stato rapido, grazie all’esperienza accumulata con le precedenti epidemie di coronavirus.
E’ lo stesso Gambotto, da sempre impegnato nella ricerca sui vaccini, a spiegare che avevano già lavorato “con l’epidemia di SARS-CoV nel 2003 e MERS‐CoV nel 2014. Questi due virus, strettamente connessi alla SARS-CoV-2, ci insegnano che una particolare proteina, chiamata spike, è importante per indurre l’immunità contro il virus. Sapevamo esattamente dove combattere questo nuovo virus”. “Ecco perché è importante finanziare la ricerca sui vaccini. Non si sa mai da dove arriverà la prossima pandemia”- ribadisce il ricercatore italiano.
Un cerotto con microaghi come vettore
I ricercatori hanno inoltre optato per un approccio innovativo per somministrare il vaccino. Il dispositivo si utilizza come un normale cerotto e i micro-aghi, fatti interamente di glucosio e frammenti di proteina, si dissolvono nell’epidermide.
Questo cerotto ha le dimensioni di un polpastrello con 400 minuscoli aghi che somministrano frammenti della proteina spike attraverso la cute, dove la reazione immunitaria è più forte.
“Ci siamo basati sul metodo di scarificazione cutanea usato originariamente per somministrare il vaccino antivaiolo, ma impiegando una versione ad alta tecnologia più efficiente e riproducibile da paziente a paziente,” ha affermato Falo, professore e direttore del Dipartimento di dermatologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Pittsburgh e UPMC.