A causa dell’emergenza Coronavirus e il lockdown di tutte le attività l’economia sarda nel 2020 rischia di vedere andare in fumo almeno 3 miliardi di euro (4,4 miliardi nel caso del protrarsi delle restrizioni fino a giugno) e il Pil potrebbe crollare del 9,6% o addirittura del 15%.
L’isola ha infatti una delle economie più fragili a livello nazionale per l’alta incidenza del settore turistico, l’elevata quota dei lavoratori precari, una maggiore esposizione al rischio liquidità per le imprese, un settore delle costruzioni più vulnerabile, l’altissima quota di export del settore petrolifero.
A rilevarlo è l’ufficio studi della Cna sarda che ricorda come “La maggior parte dei lavoratori attualmente bloccati in Sardegna è composta da dipendenti con contratti a termine o partite iva senza dipendenti. Nell’isola – infatti, dicono- si registra la quota più elevata tra le regioni italiane di crediti deteriorati gestiti dalle banche regionali e si rischia una più preoccupante restrizione del mercato del credito”.
Per questo Pierpaolo Piras e Francesco Porcu presidente e segretario regionale Cna lanciano un appello alla Giunta regionale affinché “riprogrammi con urgenza le coordinate entro cui collocare lo sforzo per l’uscita dall’emergenza sanitaria e l’avvio della fase due della ripartenza dell’economia”.
“Per far questo, concludono, occorre mettere in campo tutte le energie e gli sforzi necessari per avviare la ricostruzione economica, attraverso una cabina di regia partecipata dalle istituzioni regionali, locali e dalle forze sociali”.