Sono passati 6.000 quando, probabilmente in Asia, è comparso il tumore più antico finora scoperto e da allora si è diffuso nei cani di tutto il mondo per via sessuale. A fare la clamorosa scoperta è lo studio, pubblicato sulla rivista Science, coordinato dal gruppo dell’Università britannica di Cambridge coordinato da Elizabeth Murchison e Adrian Baez-Ortega.
A lavorare in equipe sono stati ottantaquattro ricercatori provenienti da Università di tutto il mondo, tra cui, come unico rappresentante italiano, il prof. Gabriele Marino del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina.
Grazie a loro è stato possibile tracciare l’excursus del tumore venereo trasmissibile del cane, considerato la linea cellulare più antica ancora esistente.
Si tratta di una forma tumorale ancora ampiamente diffuso, di tipo infettivo, venereo trasmissibile del cane, che colpisce anche altre specie della famiglia dei canidi.
Creato un albero genealogico per le mutazioni genetiche
La scoperta ha permesso ai ricercatori di realizzare una sorta di albero genealogico delle mutazioni genetiche della neoplasia che si sono verificate nel tempo e stabilire luogo e periodo della prime manifestazioni.
Attraverso le ricostruzioni delle variazioni del Dna, infatti, l’ipotesi è che il tumore si sia diffuso, con le navigazioni marittime, dall’Europa alle Americhe e successivamente abbia raggiunto anche l’Africa e l’India.
Il fatto che questo tumore non si sia evoluto in forme più aggressive fa sperare che anche alcune neoplasie dell’uomo possano essere tenute sotto controllo, attraverso terapie . Conoscere la capacità di un tumore di sopravvivere ed evolversi, da un punto di vista genetico e molecolare, significa puntare su terapie che ostacolano la crescita e il meccanismo di metastasi.
I risultati della ricerca sono frutto dell’analisi di 540 casi, che già nel 2014 era stata oggetto di attenzione da parte della prestigiosa rivista.